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Finisterre in Galizia: itinerario tra fari ostinati, molluschi e tramonti "alla fine del mondo"

  • Immagine del redattore: Fabio
    Fabio
  • 4 dic
  • Tempo di lettura: 8 min

Aggiornamento: 5 dic

Da Santiago de Compostela a Finisterre, un percorso tra scogliere, nebbie e antiche coltivazioni di molluschi in Galizia


Hai mai fatto un viaggio che è stato la “fine del mondo”? Perdona il gioco di parole ma, per chi visita la Galizia, Finisterre, o Fisterre, (da “Finis Terrae”) è una tappa obbligata, e a ragione. Solitamente, l’ultima o una delle ultime tappe del percorso, per cui lascia ch’io parta dall’inizio e ti racconti con ordine: non sapevo con chi andare in vacanza. Ebbene sì, ero in uno di quei dilemmi post-moderni che ti costringono a rivalutare le tue scelte in fatto di date per ferie e (mancanza di) circoli sociali. Comunque; ormai le ferie nel mezzo di agosto le avevo prese e i potenziali compagni di viaggio erano già in partenza per le Maldive o pieni di figli, e qui è entrata in scena WeRoad.


il colori del tramonto al faro di Finisterre
il colori del tramonto al faro di Finisterre

Partire con un gruppo di estranei è un po’ un atto di fede ma, che dire, a volte nella vita bisogna tentare: quattro fanciulli non più tanto fanciulli alla conquista della Galizia, incontro a Santiago de Compostela. Come ci siamo arrivati, tra tutti, è forse esemplificativo dell’indole di ognuno di noi: chi ha fatto una sosta culturale a Madrid prima di arrivare con largo anticipo per godersi un momento sereno alla scoperta della città dei pellegrini, chi è andata direttamente a Santiago spendendo poco ma è partita e tornata a ore indescrivibili (alzo la mano, io, io!), chi con caparbietà ha sfidato compagnie low cost, servizio ferroviario spagnolo, Bla Bla car (e l’ha avuta vinta) e chi non ha avuto scelta e ha fatto scali improbabili con il solo soccorso di determinazione e wifi aeroportuale (la nostra mitica coordinatrice, Leila). In ogni viaggio tra (futuri) amici serve un leader, un capo, qualcuno che tiri le fila del discorso o che, come è stato detto, “Si svegli per primo e vada a letto per ultimo”. La coordinatrice del viaggio, Leila, ha saputo essere compagna, organizzatrice, traduttrice, insomma quell’amica che sa sempre cosa bisogna fare, cosa ti aspetta dopo e in ogni caso sa reagire se le cose non vanno come previsto.


Monasterio de San Martín Pinario a Santiago de Compostela
Monasterio de San Martín Pinario "foto credit Leila Oumoucha"

Uno dei primi momenti assieme è stata la passeggiata notturna in Santiago de Compostela, un momento quieto e pacifico nella luce ambrata della città. Se dopo aver visitato la cattedrale, imponente e bellissima contro il cielo scuro della notte, capiti nella stradina appena di lato, non perderti l’opportunità di verificare se hai azzeccato il tuo percorso accademico. Troverai infatti una misteriosa teca che indica tutte le materie che avresti potuto (dovuto?) studiare; dalle le spalle e gira quattro volte sul posto, poi indica dietro di te e arretra, senza guardare, fino a toccare il vetro freddo. Il tuo dito punterà alla facoltà dei tuoi sogni (o dei tuoi incubi). Io, ad esempio, ho scoperto che avrei dovuto dedicarmi alla matematica o alla filosofia. La teca era chiaramente ubriaca, quella notte.


Teca_dell'Università di Santiago di Compostela
Teca_dell'Università di Santiago di Compostela

Il giorno dopo è iniziato il road trip. Prima di conoscerci avevamo concordato diverse piccole attività: niente surf ma sì cooking class, cena al tramonto sulle scogliere, escursioni a fari ed esplorazioni di allevamenti di molluschi... Così, di prima mattina, noleggio macchina, e poi via, per quella che chiameremo “la giornata dei fari e degli scogli”.

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Faro del Santuario da Virgin da Barca
Faro del Santuario da Virgin da Barca

Primo stop, Muxia; il paesino di pescatori è alla base di una strada panoramica che conduce a un piccolo faro, appollaiato sulle scogliere nere. La vista sull’oceano è tanto affascinante quanto il santuario che vi si affaccia lì vicino, raccolto, alto, quieto. È dedicato alla Virgen de Barca, la Vergine della Barca; una minuscola barchetta pende dal soffitto della chiesa, a ricordo di quella di pietra sulla quale giunse la Madonna a rincuorare San Giacomo il Maggiore, sconfortato dall’ostinato rifiuto opposto dalla popolazione galega alla sua predicazione. I resti della barca sarebbero ancora sparsi tra le scogliere, che in molti visitano per le curiose leggende che le circondano. Da qui, un sentiero poco frequentato si dipana lungo la costa; il parroco della chiesetta ti spiegherà, in perfetto italiano, che conduce direttamente a Fisterre.


Santuario Virgen de Barca
Santuario Virgen de Barca

Lasciando la chiesetta e il faro alla loro muta e indefessa disfida con l’oceano, abbiamo proseguito per la seconda tappa al Faro Touriñán e ci siamo concessi la breve camminata fino al punto più ad Ovest della Spagna. L’oceano ci ha accolto fragoroso e gorgogliante nel suo scontro perenne con le nere rocce del Capo. Avremmo volentieri trascorso il pomeriggio ad ascoltare questo continuo battibeccare marittimo (io di sicuro, alzo la mano di nuovo) ma eravamo attesi. A Fisterre, ci aspettava il “tramonto alla fine del mondo”.


Faro di Tourinan
Faro di Tourinan

Attrezzatevi con un panino al sacco, se potete, o, come nel nostro caso, portatevi una pizza (!) e concedetevi una cena sulle scogliere all’ombra (ebbene sì) dell’ultimo faro della giornata… il Faro di Finisterre. Se sarete fortunati, il vostro pasto sarà allietato dal suono delle onde distanti e delle cornamuse. Eh, già. Perché i galiziani non sono come gli spagnoli comuni, nossignori, ma hanno sangue celtico. È risaputo. Dai galeghi, quantomeno. E mentre musiche celtiche accompagnano i vostri pensieri, in modo bizzarro, a disperdersi tra le Code di lepre (Lagurus Ovatus) che spuntano nella vegetazione brulla, noterete che il sole scende gentilmente a coricarsi sotto l’oceano, appena oltre le creste bianche fiorite dall’incontro garbato di due correnti marine.


Tramonto a Finisterre al suono delle cornamuse
Tramonto a Finisterre al suono delle cornamuse

La notte è trascorsa veloce e ristoratrice, con le onde ancora negli occhi e i miagolii di gatti scontenti nelle orecchie, e la mattina ci ha accolti con una fitta, densa nebbia. Questa ospite inaspettata, a quanto pare, è in realtà una visitatrice frequente in Galizia, soprattutto durante l’estate. Nasce dalla differenza termica tra oceano e aria e risale le acque fino ad arrivare alla spiaggia, dove si acquatta sulle città della costa come un micio sonnacchioso nella sua cesta e dona agli impreparati turisti qualche brivido di freddo e diversi scorci mozzafiato di barche dolcemente ondeggianti in moli spettrali, le vele ammainate e i nomi sbucciati incrostati di sale. Non temere, però, perché un inizio nebbioso non equivale a una giornata nella bruma: la coltre si solleva presto e consente di godere, ad esempio, di una splendida gita in barca lungo la costa, alla scoperta della fiorente industria galega dei molluschi.


Arousa, barca nella nebbia
Arousa, barca nella nebbia

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Sfiorando grandi chiatte, ancorate a catene enormi, la nostra guida, un simpatico pescatore del luogo, ha sollevato con orgoglio lunghe collane di cozze e ostriche, il frutto di mesi di duro lavoro. Il motore della barca ci ha sospinti avanti, alla ricerca di piccoli pescherecci indaffarati nel setaccio del fondale, per la raccolta delle vongole. Non ci siamo dedicati alla pesca noi stessi, per questa volta, ma questo non ci ha impedito poco dopo di restare coinvolti in una cooking class a base di molluschi! Una spigliata signora ci ha accolti sotto il pergolato del suo ristorante/albergo, al riparo dal sole ormai cocente (addio, nebbia!), e ci ha guidati nell’esecuzione di alcuni piatti tipici: niente zamburinas, purtroppo, queste misteriose delizie di cui tutti mi raccontavano, ma cozze al vapore, vongole alla marinara, antipasto con gamberetti, tortilla, riso alla galega – concedetemi un inciso: la nostra insegnante non ha neanche voluto sentirci nominare il termine paella ma di certo per questo piatto di riso e vongole, pur davvero buono, noi lombardi pavesi rifiutiamo il termine risotto.


grata per la coltivazione di ostriche
grata per la coltivazione di ostriche

Fatto onore al lauto pasto, ci siamo diretti a una spiaggia molto suggestiva di cui, aihmè, non ricordo il nome, in parte perché i segnali stradali li rivedo illeggibili nella nebbia (il ritorno e la vendetta). A suo modo è stato bene: le nordiche pelli di alcuni del gruppo (sigh…) cominciavano a risentirsi. Dopo una infruttuosa ricerca di conchiglie, troppo frantumate, abbiamo concluso la seconda giornata “il giorno della nebbia, dei molluschi e dei risi galeghi” con un gelato serale e una passeggiata.


Raccolta di molluschi
Raccolta di molluschi

La terza giornata si è aperta con una nebbiolina educata e discreta; ormai avvezzi, non ce ne siamo preoccupati e ci siamo diretti all’ormeggio del traghetto, cosparso di piccoli granchietti neri. La traversata è durata all’incirca un’ora e, decisamente, nelle giornate umide, esige giacca a vento, sciarpa e cappello con laccio; l’approdo, però, è degno di queste e altre fatiche: dalle nebbie, nel blu profondo del cielo e del mare, emerge una macchia amaranto, venata di verde e marrone - l’isola Ons. Un’isoletta piccola, graziosa, con il cocuzzolo infestato da bassi rovi bruniti da cui spunta, avrete indovinato, un faro bianco e rosso. Passeggiare in compagnia per qualche tempo, godendosi il paesaggio e la natura pressoché incontaminata, è un incanto ma sono le spiagge che hanno colpito al centro il bersaglio dell’immaginazione del nostro gruppo.


Isola Ons
Isola Ons

Distese compatte di sabbia quasi bianca, abbastanza fina, che abbracciano un mare freddo, cristallino, intenso, blu fondo e verde, tanto bello che anche chi non ama lo spiaggiamento può trovare ristoro nel sostare qualche tempo qui (o nell’arrampicarsi tra le rocce che delimitano la spiaggia). Le isole sorelle, Cies, oggetto dell’escursione del quarto giorno, che pure vantano una spiaggia votata “più bella al mondo”, ci hanno accolto con un panorama simile ma più coltivato, meno aspro e per questo forse un po’ meno affascinante e sicuramente più frequentato da turisti e passeggini. Quello che conquista di queste tre isole - o delle due visitabili, collegate da una stradina che durante l’alta marea galleggia sui flutti – è di certo la possibilità di osservare da vicino la fauna locale: posti d’osservazione consentono vedute splendide a strapiombo sulla scogliera, nidi di gabbiani sono sparsi tra la vegetazione arrossata e le rocce bucate dal vento e, se si è fortunati, si può incontrare un esemplare della lucertola più lunga d'Europa, mini dinosauro verde con piccole scaglie blu che onestamente pare avere più in comune con le iguane che con le lucertole.


La lucertola Ocellata dell'isola Ons
La lucertola Ocellata

Raggiungere – indovinate? – il faro appollaiato in cima a una collinetta ha richiesto una discreta preparazione atletica ma ci ha ripagato con una vista spettacolare: la stradina tutta curve appena scalata, che ricorda vagamente un percorso asiatico, immersa nella nebbia ma inondata di sole, come se ci trovassimo su una cittadina sospesa nelle nuvole. Un enorme punto a favore è stato anche il viaggio di andata e ritorno, questa volta a tutta birra e in gommone, cavalcando onde che ci avrebbero certamente sbalzati in acqua se non fossimo stati assicurati a seggiolini in stile parco divertimenti!


Nebbia mattutina sull'oceano
Nebbia mattutina sull'oceano

Il ritorno alla terra ferma e a Santiago ha concluso le “giornate delle isole e delle ‘iguane’ ”, dando il via alla “serata finale, in cui finalmente si scopre cosa sono le zamburinas”. Il gruppo, a questo punto, era forgiato dalle avventure trascorse e prima di disperdersi, a differenti orari della mattina e del pomeriggio dopo, si è concesso una splendida cenetta in un ristorante, tipico ma contemporaneo: occasione perfetta per ordinare infine le zamburinas, ossia le capesante! Qualcuno che non le aveva mai provate – aehm – è rimasta molto sorpresa di scoprire, una volta tornata in Italia, che gli 8 deliziosi tondini immersi nel burro e cotti al forno, pagati 15 €, erano in realtà una porzione molto ricca e generosa. Avrei dovuto ordinare il secondo giro.


    Cattedrale di Santiago di Compostela
Cattedrale di Santiago di Compostela

La cena si è conclusa tra chiacchiere, buon cibo e qualche ricordo. Siamo ormai a un’età in cui avvenimenti di due giorni prima vengono introdotti da “Ti rammenti…?” e anche passeggiare per l’ultima volta insieme per le strade della città, in una notte tiepida accompagnata da un vento fresco e a tratti invadente, ha riportato alla memoria la prima sera come da anni ormai passati. Nel buio dormitorio affollato, crollati dalla stanchezza, tra astucci da trucco dimenticati e conchiglie abbandonate, abbiamo guardato forse un’ultima volta navi sospese, spiagge argentate e vecchie pietre forate dal vento.


Un ringraziamento particolare a Ester che ha scritto per noi questo bellissimo racconto sul suo viaggio "alla fine del mondo" e ci ha regalato tutte le immagini che ho inserito nell'articolo!


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Ho coinvolto in questa mia passione mia moglie Elena e mio figlio Alberto; insieme abbiamo vissuto numerose esperienze, avventure e momenti felici che ci hanno arricchito notevolmente come persone e come conoscenze. 

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